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NOBILAPIO

Il Nobile Lavoro delle Api in Vigna

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I PARTNERS DEL PROGETTO

Il Progetto Operativo di Innovazione è interamente finanziato a valere sulla Misura 16 - Sottomisura 16.1 - Tipologia di Intervento 16.1.1 Azione 2 del PSR Campania 2014 - 2020, in attuazione della Strategia di Sviluppo Locale del GAL ATS AISL (GAL Irpinia Sannio - GAL CILSI) - Misura 19 - Sottomisura 19.2.

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NOBILAPIO IL PROGETTO

Negli ultimi anni il biologico va occupando spazi sempre più importanti anche in settori dove le resistenze erano enormi. In particolare, nel settore vitivinicolo sia i produttori che i consumatori temevano un effetto negativo sulla qualità del prodotto.

Oggi il clima è cambiato e il biologico si va diffondendo in tutto il mondo, ma da più parti si cerca di individuare modelli più avanzati che apportino maggiori vantaggi all’ambiente e alla qualità delle produzioni agricole.

Da un decennio è nato in Campania e si è diffuso anche all’estero, il METODO NOBILE®, un modello che esalta la qualità della materia prima riducendo le tecniche di produzione più impattanti.

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IL TERRITORIO LAPIO TERRA DI NOBILI ORIGINI

Il Comune di Lapio sorge nell’area della Valle del Calore. È un borgo di circa 1.500 abitanti, situato a 480 metri sul livello del mare e a 20 km da Avellino.
L’etimologia del nome proviene, secondo alcuni, dal latino lapideum, ossia “roccioso”, termine trasformato poi in Lapio. Altri affermano che il nome derivi dal vitigno Fiano, prodotto in questa terra, precisamente nell’area agricola detta “Apia”, corrispondente al territorio dell’odierna Lapio, da cui risale il termine “Apiano” e “Apiana”, uva già conosciuta dai poeti latini.
Lapio, infatti, è il maggior centro di produzione del Fiano di Avellino DOCG ed anche uno dei pochi comuni a vantare la doppia denominazione del Fiano del Taurasi.
Dalla coltivazione delle prestigiose uve Fiano ed Aglianico nasce un vino di qualità, prodotto in quantità limitata, oggetto di attente pratiche vitivinicole e scrupolosa selezione.
Una terra che offre prodotti apprezzati in tutto il mondo: un vino eccellente, un miele di pregio e un olio di alta qualità.
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RETE RURALE NAZIONALE NOBILAPIO ADERISCE A RRN

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I PRODOTTI MIELE & LAMBICCATO

MIELE MATTEI

MIELE CHIARO, MIELE SCURO, CHI E’ PIU’ RICCO DI FENOLI?

Il miele è un prodotto agricolo molto apprezzato, è praticamente in tutte le case, anzi, spesso in dispensa ci sono diverse tipologie; eppure le informazioni che sono a disposizione del comune consumatore non permettono di capire quale possa essere il livello qualitativo del prodotto e, perché no, se il rapporto prezzo/qualità sia corretto.

I fenoli sono molto importanti per le loro proprietà antiossidanti e il colore è un elemento distintivo e identificativo. E in effetti la gran parte dei ricercatori concorda sul fatto che vi sia una relazione stretta fra colore e contenuto di fenoli. O meglio, i mieli scuri, come quelli di erica e di castagno, Ma c’è una relazione fra sapore e fenoli? Teoricamente sì, anche perché tutti descrivono i mieli scuri come quelli che presentano un gusto marcato ed è ormai un luogo comune affermare che i pasticcieri preferiscono i mieli di acacia, fra i più chiari, perché il loro sapore non è un elemento di disturbo e che il miele di castagno, o di corbezzolo o di erica siano poco appetibili per la loro forte personalità contrariamente ai mieli chiari, sono più ricchi in acidi fenolici, piuttosto che in composti flavonoidi. Molte ricerche hanno ormai dimostrato che non solo il contenuto totale dei fenoli ma la stessa composizione fenolica cambiano in relazione al tipo di polline. Il miele di castagno ha quel particolare acido fenolico, contenuto a sua volta nel relativo polline, mentre l’acacia ha quel determinato flavonoide e così gli altri mieli, perché i rispettivi pollini hanno quella specifica molecola. Quindi oggi si conoscono le tecniche per risalire al tipo di polline. Ma a questo punto una domanda sorgerebbe spontanea. Ma il polline del castagno è lo stesso dappertutto? Ha sempre la stessa composizione fenolica? I fenoli vengono studiati per le loro proprietà antiossidanti, antibatteriche. Nel miele c’è una ragione di più, perché in fondo il miele viene anche consumato per i suoi benefici effetti sulla salute. Ma se così è, non possiamo non porci la seconda domanda. Se le proprietà farmacologiche aumentano con l’aumentare dei fenoli e se vendiamo il miele anche per queste proprietà, perché poi si vendono a prezzi più alti i mieli che ne contengono meno? Come quello di acacia, per esempio? Potremmo quindi concludere che il miele, nel panorama gastronomico non fa eccezione: il prezzo non è legato al livello qualitativo. Con una differenza non marginale però: è l’unico che si presenta a carte scoperte, perché ogni barattolo ha un colore diverso. E il colore dipende dai fenoli, così come il sapore (almeno per me) e le proprietà nutraceutiche. Possiamo quindi scegliere in libertà e con consapevolezza, senza lasciarci guidare dall’etichetta che, in genere, non è diversa dalle altre, e dal prezzo. Il che non mi sembra poco, di questi tempi.

LAMBICCATO

LAMBICCATO

Quel fazzoletto di telo posto al di sopra del mastello che trasuda gocce di nettare divino è un tributo agli dei della terra che uniti a quelli delle arie e delle acque hanno reso generose le pendici ad est delle colline di Avellino.

Scende pian piano, goccia dopo goccia, lacrima dopo lacrima, la mostatura del semplice vinello moscato ed è solo così che egli lo assume, un nome forte, ricco di sapienza antica, ricco della pazienza del contadino che lo prepara per il giorno della festa, per il matrimonio della figlia, per la visita gradita di un amico lontano, il suo nome è lambiccato.

Il procedimento di trasformazione è semplice ma allo stesso tempo laborioso e per sommi capi qui viene descritto

Alla base vi è un telo di cotone a trama fine, si lega agli angoli e lo si tiene sollevato al di sopra di un mastello (una volta fatto di legno), vi si versa dentro il mosto dell’uva posta a passire in cassettine di legno, per tre volte lo stesso mosto si versa nel telo, per tre volte si raccoglie nel mastello e per ogni passaggio si affatica ad attraversare il cencio e se non basta anche un quarto passaggio finchè non si vedono cadere le lacrime affaticate.

Lo si poneva all’interno di bottiglie di vetro scuro e spesso nelle notti di luna crescente e lo si poneva a riposare e maturare nelle buie cantine, ben discostato dall’altro perchè si rischiava di far scoppiare tutte le bottiglie.

Era poi bello stapparlo nei giorni di festa per accompagnare i dolci della tradizione, taralli con naspro, morzelletti, e altri, tutti rigorosamente secchi.

(Dal racconto di un vecchio produttore di lambiccato locale)

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